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Studio Avv. Marco Molin

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SEPARAZIONE E DIVORZIO CON UN UNICO RICORSO

 Con la riforma Cartabia, introdotta nel febbraio del 2023, si è reso possibile proporre le domande di separazione dei coniugi e di divorzio con un unico ricorso, anziché con due distinti.



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    La novità era stata prevista con riguardo ai procedimenti contenziosi di soluzione della crisi matrimoniale, ma con la sentenza n. 28727 del 16/10/2023, la Corte di Cassazione ha stabilito che tale possibilità è riconosciuta anche ai coniugi che, di comune accordo, procedono con richiesta congiunta: “In tema di crisi familiare, nell'ambito del procedimento di cui all'art. 473-bis 51 c.p.c. è ammissibile il ricorso dei coniugi proposto con domanda congiunta e cumulata di separazione e scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio”.


    Tra la pronuncia di separazione e quella di divorzio dovrà sempre decorrere un tempo minimo, di sei mesi in caso di richiesta congiunta, ma ciò avverrà con la sottoscrizione di un solo atto, e dunque con un ipotizzabile risparmio di tempi e costi.


    Tale opzione processuale è senz’altro consigliabile a coppie di coniugi che abbiano da regolare tra loro rapporti semplici e stabilizzati, mentre appare meno indicata per famiglie con bambini piccoli o con situazioni economiche in evoluzione, dove, per la possibilità di rapidi mutamenti, appare più complesso definire gli accordi con troppo anticipo.


    (Cassazione, sentenza n. 28727 del 16 ottobre 2023)


GLI EREDI LEGITTIMI BENEFICIARI DI POLIZZA VITA DIVIDONO IN PARTI UGUALI, NON SECONDO LE REGOLE EREDITARIE

La Corte d’Appello aveva ritenuto che l’indennizzo derivante agli eredi legittimi, indicati come “beneficiari” nella stipula di alcune polizze vita, spettasse per la metà al fratello, in proporzione alla sua quota ereditaria, e per l’altra metà ai quattro nipoti, subentrati per rappresentazione ex art. 467 c.c., nel luogo e nel grado della loro madre, altra sorella del defunto.

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    Sul relativo ricorso in Cassazione intervengono, stante la presenza di precedenti difformi, le Sezioni Unite, affermando che la designazione generica degli "eredi" come beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita, in una delle forme previste dell'art. 1920 c.c., comma 2, comporta l'acquisto di un diritto proprio ai vantaggi dell'assicurazione da parte di coloro che, al momento della morte del contraente, rivestano tale qualità in forza del titolo della astratta delazione indicata all'assicuratore per individuare i creditori della prestazione.


    Tale designazione generica degli "eredi", prosegue la Corte, in difetto di una inequivoca volontà del contraente in senso diverso, non comporta la ripartizione dell'indennizzo tra gli aventi diritto secondo le proporzioni della successione ereditaria, spettando a ciascuno dei creditori una quota uguale dell'indennizzo assicurativo.


    (Cass. civ., Sez. Unite, Sent. n. 11421 del 30/04/2021)



SULLA PROVA DELLA RESPONSABILITA’ DEGLI AMMINISTRATORI DI SOCIETA’

Una S.n.c. conveniva in giudizio l’amministratore oramai revocato della società, per sentirne dichiarare la responsabilità discendente sia dall'arbitraria sottrazione dalle casse sociali, sia dall’illegittimo trattenimento, di varie somme, con conseguente condanna alla restituzione di tali importi, nonchè al risarcimento dei danni causati.

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    Decidendo sul ricorso dell’amministratore, condannato nei gradi di merito, la Cassazione ricorda che, a fronte della pacifica appropriazione, da parte dell'amministratore, di somme acquisite al patrimonio sociale, spettava al detto soggetto dimostrare che tali importi corrispondevano a utili o compensi a lui dovuti.


    Infatti, la responsabilità degli amministratori per i danni cagionati alla società amministrata, sia di capitali che di persone, ha natura contrattuale, sicchè la società è tenuta ad allegare le violazioni compiute dagli amministratori ai loro doveri, come pure a provare il danno e il nesso di causalità tra la violazione e il danno, mentre spetta agli amministratori provare, con riferimento agli addebiti contestatigli, l'osservanza dei predetti doveri.


    (Cass. civ., Sez. I, n. 12567 del 12/05/2021)


LEGITTIMO IL LICENZIAMENTO DI CHI DISSIMULA UN SINISTRO CON L’AUTO AZIENDALE

I fatti riguardavano l'avere il lavoratore dissimulato un sinistro avvenuto alla guida di un'auto aziendale, allo scopo di occultare l'uso improprio del suddetto mezzo, dichiarando nella denuncia aziendale che esso era avvenuto, in circostanze differenti, la mattina seguente, quando egli aveva effettivamente necessità del veicolo per ragioni di servizio.

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    I Giudici di merito, con decisione ora confermata nella sentenza della Corte di Cassazione in commento, hanno ritenuto che la gravità del comportamento, atta a giustificare il recesso in tronco, fosse da ravvisare non tanto nell'utilizzazione con modalità irregolari del mezzo aziendale, quanto nell'avere tenuto il datore di lavoro all'oscuro delle modalità di verificazione dell'incidente e nell'avere cercato di mascherare la realtà, denunciando un falso sinistro.


    (Cass. Sez. lavoro, Sent. n. 11644 del 4/5/2021)



LA BANCA NON RISPONDE VERSO GLI EREDI PER I PRELEVAMENTI EFFETTUATI DAL CONTO COINTESTATO DOPO LA MORTE DEL CONTITOLARE

Due sorelle convenivano in giudizio un istituto bancario, lamentando che presso la banca fosse stato acceso un conto cointestato tra la loro madre ed il convivente, e che quest'ultimo, dopo la morte della de cuius, avesse prelevato l'intera giacenza, senza che la banca si opponesse a tale comportamento, che pregiudicava il diritto delle attrici alla loro quota successoria.

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    Ma la Cassazione respinge il ricorso, ricordando che nel caso in cui il deposito bancario sia intestato a più persone, con facoltà per le medesime di compiere, sino alla estinzione del rapporto, operazioni, attive e passive, anche disgiuntamente, si realizza una solidarietà dal lato attivo dell'obbligazione che sopravvive alla morte di uno dei contitolari, sicchè il contitolare ha diritto di chiedere, anche dopo la morte dell'altro, l'adempimento dell'intero saldo del libretto di deposito a risparmio, e l'adempimento così conseguito libera la banca verso gli eredi dell'altro contitolare.


    E’ infatti specifico obbligo della banca, scaturente dalla disciplina del contratto bancario, quello di permettere al singolo cointestatario, anche dopo la morte dell'altro titolare del rapporto, di poter pienamente disporre delle somme depositate, ferma restando la necessità di dover verificare la correttezza di tale attività nell'ambito dei rapporti interni tra colui che abbia prelevato e gli eredi del cointestatario deceduto.


    (Cass. civ., Sez. II, Ordinanza, 19/03/2021, n. 7862)



SE NON E’ INDICATO IL DECRETO PREFETTIZIO IL VERBALE “AUTOVELOX” E’ ILLEGITTIMO

Secondo la giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione, il verbale con cui è effettuata la contestazione differita del superamento dei limiti di velocità accertato mediante "autovelox" deve indicare gli estremi del decreto prefettizio.

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    La mancanza di tale indicazione integra un vizio di motivazione del provvedimento sanzionatorio che pregiudica il diritto di difesa, in quanto solo l'indicazione degli estremi del decreto prefettizio nel verbale rende possibile al destinatario della contestazione l'accesso alla documentazione amministrativa e la predisposizione della difesa.


    Il rilievo si salda alla previsione contenuta nell'art. 201 C.d.S., che esige l'indicazione nel verbale di contestazione dei motivi che hanno impedito la contestazione immediata, e quindi, ove ciò accada in quanto l'infrazione sia stata accertata a mezzo di apparecchiatura di rilevamento della velocità, la legittimità dell'accertamento e con esso dell'esercizio del potere sanzionatorio si rinviene proprio nel decreto prefettizio.


    (Cass. civ., Sez. II, n. 10918 del 26/04/2021)



LA MERA COMPLICANZA NON ESCLUDE LA COLPA LIEVE DEL SANITARIO

La Corte di Cassazione (n. 25876 del 16/11/2020) conferma la condanna al risarcimento del danno conseguente a sindrome amnesica anterograda residuata a coma ipoglicemico, e da porre in relazione causale all'errata somministrazione di insulina in soggetto affetto da diabete mellito, che non aveva interrotto il coma, prolungandolo fino al ricovero in ospedale.

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    Secondo la Corte, il problema tecnico di speciale difficoltà di cui all'art. 2236 cod. civ., in base al quale la responsabilità del professionista è limitata alle sole ipotesi di dolo o colpa grave, ricomprende non solo la necessità di risolvere problemi insolubili o assolutamente aleatori, ma anche l'esigenza di affrontare problemi tecnici nuovi, di speciale complessità, che richiedano un impegno intellettuale superiore alla media, o che non siano ancora adeguatamente studiati dalla scienza.


    Tuttavia, nel campo medico non è identificabile con la mera complicanza, la quale ben può ricorrere in intervento di natura routinaria, salvo la prova da parte del sanitario della presenza del problema tecnico di speciale difficoltà, nella specie non ricorrente pur nella difficoltà interpretativa della crisi del paziente.


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